Le vie dell’Amicizia: Pompei
Un ponte di fratellanza attraverso l’arte e la cultura
Le vie dell’Amicizia: Ravenna – Jerash – Pompei
direttore
Riccardo Muti
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
e musicisti dell’Orchestra del Conservatorio Nazionale di Amman
Coro Cremona Antiqua
maestro del coro Antonio Greco
Monica Conesa soprano
Filippo Mineccia controtenore
Christoph Willibald Gluck
II Atto da Orfeo ed Euridice
Vincenzo Bellini
da Norma
“Casta diva, che inargenti”
Johannes Brahms
Das Schicksalslied
(Canto del destino) per coro e orchestra, op. 54
«Svaniscono, cadono / i poveri uomini, […] come l’acqua da un masso / all’altro precipitato /in fondo all’ignoto»: una meditazione sul destino dell’uomo, sul rapporto con la divinità e sul mistero della morte. Nel Canto del destinoche Brahms modella sui versi di Hölderlin, il dubbio insolubile torna a farsi musica, lo stesso dubbio arcano che, nella straordinaria partitura di Gluck, Orfeo prova a sciogliere, sfidando le Furie e varcando il confine oltre la morte, per riportare a sé Euridice, la donna amata. E che certo, come un fremito, attraversa anche la preghiera di Norma alla luna, la sua invocazione alla pace, nella celebre opera di Bellini. Sotto le mani esperte di Riccardo Muti, una risposta si leva forse in quell’estatica luce che chiude il canto brahmsiano, quasi un messaggio di redenzione e di speranza.
Sono passati oramai tanti anni dal primo avventuroso viaggio che segnò l’inizio delle Vie dell’Amicizia: era il 1997, nelle orecchie ancora il rumore dei bombardamenti e negli occhi le macerie, dalle ferite fumanti di Sarajevo si chiedeva alla musica un aiuto per ritornare a sperare, per guardare al futuro. Da allora, Ravenna Festival non ha più smesso di gettare ponti di fratellanza: per lenire i guasti dell’odio e del terrore, quelli dell’incomprensione e della diffidenza. Ma anche per ritrovare negli occhi dell’altro e nelle pietre più antiche le proprie stesse radici. Come nel percorso che in questo 2023 da Ravenna si snoda verso Jerash, a rendere omaggio alla straordinaria generosità con cui il popolo giordano da anni accoglie i profughi in fuga dalla guerra nella vicina Siria. La musica risuonerà in una città rimasta “invisibile” per secoli, sepolta dalla sabbia dopo un devastante terremoto nel sec. VIII, e tornata infine a risplendere, negli imponenti resti dell’originario impianto romano, grazie alla passione di indomiti archeologi. Così come Pompei, anch’essa “invisibile” per oltre un millennio, nascosta al mondo dalle ceneri del vulcano, e riscoperta nel segno dell’archeologia e di un passato che prepotente torna a imporsi, memoria viva che si fa futuro. E ancora una volta, partendo dall’antica capitale bizantina lambita dalle acque, il gesto di Riccardo Muti guiderà i musicisti italiani e giordani, uniti a invocare pace e fratellanza nella lingua universale dei suoni.